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Una casa sotto il ponte di Genova

Il 14 agosto è crollato il ponte Morandi a Genova. Oltre alla tragedia direttamente collegata al crollo, ce ne è stata un'altra: gli abitanti delle case costruite sotto il ponte sono stati quasi subito sfollati per il rischio di un altro crollo. Agli inizi di ottobre hanno potuto ritornare due volte nelle loro case, sotto la tutela dei vigili del fuoco, per recuperare ciò che a cui tenevano maggiormente e che ci stesse in un numero stabilito di scatoloni. Quei condomini saranno distrutti perché ormai troppo pericolosi. Abbiamo letto un articolo dello scrittore Maurizio Maggiani che ci ha fatto riflettere su quanto sia importante la casa per noi, come rifugio e protezione e abbiamo provato a pensare di essere una di quelle case o una di quelle famiglie, durante quei giorni. Ecco i nostri racconti, scritti in omaggio alla case Sotto il Ponte e alle loro famiglie. Sono scritti da cinque di noi, ma dentro c'è il cuore di tutta la 3D.

Ciao, mi chiamo 21. Sono il ventunesimo appartamento del condominio “La lavanda” qui a Genova e sono confuso. Sono vuoto e non so il perché. Il mio principale informatore è il 32. Lui è il più grande di tutti ed è anche il più alto. Dal suo terrazzo ha visto cosa è successo: qualcosa di grande è caduto. Ecco spiegato il frastuono.

E ora cosa succede ? Sento qualcuno entrare, sento il chiasso e percepisco dei passi sul mio pavimento. Che bellezza… è la mia famiglia! Il tempo per una casa passa veloce. Ci sono proprio tutti: mamma, papà, Michela, Luca e la piccola Sofia. Sento i loro discorsi; la mamma sta elencando regole come suo solito.

- Bene, ragazzi !- dice- abbiamo a disposizione solo cinque scatole, una a testa.

Scatole, quali scatole?

- Dovremo fare delle scelte - aggiunge papà –siate selettivi.

Sono sempre più confuso. Ogni mia stanza risuona di rumori.

Michela entra nella sua camera con la sorellina Sofia che salta e canticchia.

- Che prendi ?- chiede la piccola piroettando nella stanza.

- I trucchi, se li ammucchio un po’ ci stanno tutti –risponde la grande - o almeno spero.

E così si mette a svuotare la cassettiera piena di ogni cosmetico. Ha finito; la scatola è piena, ma lei non ha dovuto rinunciare a niente, come previsto. E allora perché sbuffa tanto? Si butta sul letto e fissa la libreria davanti a sé. Poi osserva i muri zeppi di foto. Si alza dal letto e svuota la scatola Seleziona alcuni libri dagli scaffali della libreria e li posa sul fondo, poi aggiunge la macchina fotografica e le foto sul muro. Soddisfatta esce.

Percepisco frenesia dalla cucina; papà e mamma hanno già finito le loro scatole. La mamma ha preso foto, orecchini d'oro e altri ricordi. Il papà è confuso: si accorge di non trovare niente da aggiungere alla sua scatola oltre ad una padella appena comprata.

Ma cos’è questo?! Sofia piange dalla sua cameretta. La piccola desidera portare via con sé l’intera cesta dei giocattoli, i suoi vestiti da principessa, le matite colorate… ma non può. Mi si spezza il cuore a vederla in questo stato. Ma ecco che arriva in suo soccorso papà che le offre la sua scatola, con solo la padella e molto spazio libero. Il pianto si placa.

Provo solletico, è Luca che sta staccando alcuni poster dalla sua stanza. Oltre a quelli, nella sua scatola, c’è la sua prima chitarra. Guarda gli altri strumenti che popolano la sua camera: la batteria, il basso e la pianola; poi prima di uscire nasconde i libri sotto al letto. Non si sa mai.

La famiglia è riunita in ingresso, la mamma osservando le scatole commenta: - Vedo che abbiamo fatto una riflessione. Detto ciò appoggia una mano sulla porta e mi dice: - Grazie, non avremmo potuto desiderare casa migliore.

La famiglia esce tristemente.

Mi trovo di nuovo da solo. Insieme a me gli strumenti di Luca, i trucchi di Michela e i mobili.

Non crediate che non sappia di dover essere abbattuto (come ho già detto 32 è un ottimo informatore) ma ora, inondato dal silenzio, sono felice, perché ho portato gioia a tutte le persone che mi hanno abitato. Però questo silenzio è terribile, spacca i timpani. Non ci sono lo sfogliare delle pagine dei libri di Michela, lo strimpellare della chitarra di Luca, il rumore dei tasti del computer della mamma, lo sfrigolare delle pentole del papà, il canto di Sofia.

Una delle uniche cose che mi rallegra è il non sparire del tutto. Diventerò polvere e sarò leggero. L’ ho sempre sognato. Da casa immobile a polvere leggera e libera.

La chiamereste fine?

E.

Ora c’è solo silenzio, un dannato silenzio, che risuona nelle mie stanze, mi entra fino alle fondamenta e mi fa rabbrividire. Io sono l’Appartamento 3 del terzo piano del condominio numero 2, proprio sotto il Ponte Morandi (o quello che ne resta). Fuori non sono bello: ho qualche crepa, l'intonaco scrostato, le persiane da verniciare e così sono tutti i miei amici e cioè l’Appartamento del secondo piano, ma anche quelli del primo, del piano terra, insomma tutti quelli del condominio numero 2 e del 3 e del 4… Dicevo che esteriormente non siamo belli ma dentro siamo fantastici, piccoli e pieni di ricordi, di movimento, di colori e vita. O almeno lo eravamo; ora siamo freddi, grigi e spenti. Regna il silenzio adesso, non la vita. Stiamo aspettando la demolizione…Mi ricordo ancora di qualche giorno fa quando stavo aspettando che la mia famiglia arrivasse a prendere gli oggetti più importanti e venisse a salutarmi… Pensavo ai momenti più belli, come quando il signor Gino settantottenne e Miriam sua moglie hanno festeggiato le nozze d’argento o come quando Gino le regalò il mio migliore amico, Fuffi, il gatto che Miriam desiderava da tempo. Non avevano tanti soldi, ma le loro pensioni gli permettevano di vivere serenamente e di prendersi cura di me. Mi pulivano, mi verniciavano, mi abbellivano con quadri e foto!

Quanta malinconia avevo in quel momento, non vedevo l’ora di rivederli, anche se sapevo che sarebbe stata l’ultima volta che li avrei ritrovati e che, probabilmente, avrei visto il pianerottolo oltre la porta e avrei sentito gli altri condomini parlare… Ero affranto ma felice e ingenuamente speranzoso. Quando finalmente hanno aperto la porta del pianerottolo dopo tanto tempo mi sono sentito rinato! Avevano degli scatoloni ma non li hanno riempiti tutti: erano vecchi e la tristezza stava prosciugando le loro forze. Miriam ha preso le poche cose preziose d’oro che possedeva: qualche orecchino, una collana, quattro anelli; ha preso anche il peluche del loro figlio deceduto a causa di un incidente, i giocattoli del gatto Fuffi e il tappeto che Gino le aveva regalato dopo tanti sacrifici. Gino ha portato via i quadri e le foto, soffermandosi su quella dove festeggiavano il decimo compleanno del figlio nella mia cucina. Gino ha pianto, io ho pianto e il pavimento ha tremato. Gino se ne è accorto e ha accarezzato le piastrelle: mi sentivo di nuovo amato, dopo tanto tempo. Stavano per allontanarsi e io ho fatto vibrare le tubature, non so se hanno capito il segnale, ma mi hanno detto: “Ti vogliamo bene! Sei il più caro di tutti!” e hanno chiuso la porta alle spalle. A questo punto è calato il silenzio.

Ed eccomi qua, in attesa della demolizione e, per non ascoltare questo silenzio che è come il boia che affila l’ascia, l’avvoltoio nel deserto, mi abbandono ai ricordi.

F.

Siamo appena entrati in casa e mi sento subito al sicuro.

Prendo uno scatolone, vado in camera mia e noto subito qualcosa di diverso: la luce del sole entra dalla finestra, cosa che a causa del ponte non accadeva mai.

Prendo qualche libro che non ho ancora letto, qualche CD e i vestiti preferiti.

Non ce la faccio. Mi siedo sul letto con le mani che mi coprono la faccia e i gomiti appoggiati alle gambe e sto qui, fermo, a ripensare a tutti i bei momenti passati in questa casa.

"Mattia" è la voce della mamma che mi risveglia dai miei pensieri; la guardo e mi chiede: "Hai preso tutto?" io le dico di sì ma lei insiste: "Sei sicuro? Anche i libri di scuola?". Sinceramente avrei preferito lasciarli lì, ma senza rispondere mi alzo e li metto nel mio scatolone.

Non posso credere che sto per lasciare la casa che mi ha protetto tutta la vita.

Riguardo la camera; ci sono moltissime cose che vorrei portare con me: i modellini di Star Wars, la mia collezione di monete, i giochi in scatola… ma non posso e questo mi spezza il cuore, ma me lo spezza ancor di più il fatto che questa casa verrà demolita e mi ritornano in mente altri ricordi che però scaccio via prima di cominciare a piangere.

"Su, Mattia! Dobbiamo andare". Esco dalla camera e vedo mamma e papà che mi aspettano in ingresso. "Arrivo" gli rispondo. Metto sotto un braccio lo scatolone e cammino lentamente verso la porta accarezzando con la punta delle dita il muro del corridoio. Sulla soglia, una lacrima mi riga la guancia e, incapace di girarmi per vedere un'ultima volta la casa, proseguo dritto, giù per le scale fino ad arrivare in macchina dove mi lascio andare e comincio a piangere a dirotto.

F.

Il quattordici agosto, intorno alle undici e trenta, ho sentito un rumore improvviso fortissimo, sembrava che fosse scoppiata una bomba; la polvere e il fumo salivano verso il cielo, mentre il ferro e il cemento crollavano nel fiume Polcevera e sulla ferrovia. Io sono un appartamento in uno degli edifici vicino al luogo da cui proveniva quel rumore. Gli abitanti del mio condominio e di quelli circostanti si sono affacciati dalle finestre tutti spaventati, per cercare di capire cosa stesse succedendo. Si sentivano urla, sirene, pianti, voci che si rincorrevano... Tremavano le persone e tremavo anch'io, come edificio, persino peggio di un violentissimo terremoto. Tutti sono scappati, all'improvviso ed io mi sono sentito solo, abbandonato in mezzo a quel trambusto. Dov'era finita la famiglia che ospitavo? E tutte le altre famiglie del condominio? Già dal pomeriggio stesso i vigili del fuoco hanno allontanato tutti gli abitanti della “zona rossa” in cui mi trovo e solo dopo alcuni giorni, sentendo parlare alcuni di loro, ho capito la causa dell'allontanamento di tutte quelle persone, tra cui la mia Famiglia, per il crollo del ponte Morandi. Solo dopo alcune settimane ho rivisto la mia Famiglia ma per pochissimo tempo; hanno potuto prendere solo qualche capo di vestiario e i documenti, perché subito dopo sono stati allontanati, per motivi di sicurezza. Che emozione rivederli dopo tanto tempo, soprattutto quando i genitori hanno preso l'orsacchiotto del piccolo Luca, che gli era scivolato di mano durante la fuga. Ma per molti giorni dopo la loro breve visita non li ho più rivisti; pensavo continuamente a loro, a dove si trovavano, a dove mangiavano, a dove dormivano, senza le loro cose più care, lontani dalla casa nella quale avevano vissuto per tanti anni, lontani da me. Poi, pochi giorni fa, la sorpresa! Per due ore ogni famiglia avrebbe potuto rientrare nella propria casa, accompagnata dai vigili del fuoco, per riempire alcuni scatoloni con le loro cose più care, così mi era giunta voce. Infatti, proprio ora sento dei passi sulle scale e solo al pensiero mi emoziono, poi sento aprire la porta e rivedo i miei cari, aiutati dai vigili, con la sfilata degli scatoloni da riempire. Vedo portar via libri, vestiti, fotografie, pentole, biancheria, giocattoli, mi vedo svuotare, mi sento privare della mia anima: senza di loro mi sento perso, vuoto, so che verranno ancora due volte e da un lato il pensiero mi rallegra, ma dall'altro mi sento ancora più triste. Quando la porta si chiuderà definitivamente, per l'ultima volta, mi sentirò per sempre abbandonato; il silenzio sarà terribile e la demolizione, cioè la mia morte, sempre più vicina.​

L.

Eccomi qua: sono un appartamento di uno dei condomini sotto il ponte appena crollato a Genova.

Mi ricordo che quando è caduto ho avuto tanta paura : si è sentita come un’ enorme esplosione. Per un attimo ho pensato: “ E se mi schiaccia? La signora Maria riuscirà a mettersi in salvo con tutta la sua famiglia?”. E poi, dopo qualche secondo... è scesa una calma piatta.

Dopo un po’ sono arrivati gli elicotteri, le macchine della polizia , le ambulanze, i vigili del fuoco e i carabinieri.

Hanno cominciato a far evacuare le case senza quasi lasciare il tempo agli abitanti per prendere qualcosa. Quando hanno fatto evacuare la signora Maria e la sua famiglia ho provato un enorme sollievo.

Passati un po’ di giorni però cominciavo a chiedermi come stessero e dove fossero.

Il mio amico, l’Appartamento del signor Peppino, mi ha detto che i proprietari avrebbero potuto tornare per un’ora e mezza insieme ai vigili del fuoco.

Appena ho sentito la notizia ero felicissimo come un cagnolino che aspetta che torni il padrone.

E così è arrivato il giorno tanto atteso: quando è entrata la signora Maria con la sua famiglia ho provato sollievo perchè stavano tutti bene, anche se in cuor mio sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che li avrei visti.

Presero tutto quello che gli era più caro e quello che potevano e infine mi salutarono, dandomi una notizia che mi stupì: sarei stato demolito! Non ero spaventato però, perchè sapevo che sarei rimasto sempre nel loro cuore.

Fecero un gesto molto bello: staccarono un pezzetto di muro e lo portarono via perchè così sarei rimasto sempre con loro e infine se ne andarono.

Arrivato il giorno della demolizione, partì la palla demolitrice. Io contai 1... 2... 3.... e chiusi le finestre.

S.


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