top of page

Cara Anna Frak, caro Otto Frank, cara Miep, caro Peter, egregio signor Capoblocco...vi scriviamo...

In occasione del Giorno della Memoria (che si celebra il 27 gennaio) le classi seconde della Scuola secondaria si sono recate al cinema Politeama di Ivrea a veder il film “Mi ricordo Anna Frank”, tratto dal’omonimo libro della scrittrice Alison Leslie Gold che ha raccolto la testimonianaza di Hannali Goslar, carissima amica di Anna Frank, sopravvissuta ai campi di concentramento e poi emigrata a Gerusalemme. I ragazzi di 2^D nei giorni successivi, dopo una discussione sul film e sui fatti ad esso collegati, hanno scritto ognuno una lettera ai personaggi conosciuti attraverso la proiezione. Ecco alcune di quelle lettere.

Ivrea , 25/01/2018

Caro Otto Frank,

mi chiamo Cecilia e sono una ragazza italiana nata negli anni 2000, sessanta anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale .

Quando ero piccola mia mamma mi parlava di una ragazza che al tempo della guerra aveva circa la mia età: Anna Frank, sua figlia.

Prima di essere deportata in un campo di concentramento assieme alla sua famiglia, Anna è rimasta nascosta per molto tempo; aveva la passione per la scrittura e nel tempo di permanenza nell'alloggio segreto scrisse un diario, che è stato ed è tuttora una importante testimonianza storica e civile.

Volevo dirle, signor Frank, che non si deve sentire in colpa. Immagino che ogni mattina si alzi col desiderio di riabbracciare sua moglie e le sue due figlie. Ma non è colpa sua se non le rivedrà più .

Lei pensa di essere un mostro poiché non è riuscito a salvarle, oppure si chiede:

“Perché loro e non io?”

Non possono esserci risposte a questa domanda.

Vorrei però ringraziarla perché ha reso pubblico il diario di Anna.

Attraverso questa lettura i giovani hanno imparato ad apprezzare gli ideali di libertà che la dittatura nazista non è riuscita a soffocare.

Le invio il mio saluto,

C.

Amburgo 27/1/1956

Caro signor Frank,

si chiederà chi io sia poiché di certo non si ricorda di me. Ho vissuto ad Amsterdam fino al ‘45 . Avevo tredici anni quando mi sono trasferita in Germania. Mia madre ha lavorato nel suo ufficio dal ‘42 ed è stata una delle ultime a sapere del vostro nascondiglio. Passavo spesso da lì dopo scuola. Già… perché io a scuola ci potevo andare... Talvolta vedevo sua figlia Anna alla finestra, anche se non riuscivo a vederla bene poiché il suo viso era parzialmente coperto da una tenda di pizzo. Ma solo nei primissimi giorni dopo il vostro arrivo, poi non più.

Mia madre, signor Frank, conosceva chi vi ha tradito, ma ora probabilmente non ha più senso parlarne.

Il giorno che vi hanno portato via era una domenica, io vi osservavo dal balcone, mamma mi stringeva forte, ma non riusciva a trattenere le lacrime.

In quei tempi c’erano due tipi di persone ad Amsterdam: chi non sapeva che fine facessero gli Ebrei e chi fingeva di non sapere. Al secondo gruppo apparteneva sicuramente mio padre.

Tante volte lei si sarà chiesto perché delle persone abbiano avuto tanta rabbia nei confronti degli Ebrei... Secondo me la verità è che quella, signor Frank, non era rabbia ma paura. Cerchi di comprendere: fin da piccoli ci hanno narrato di esseri disumani chiamati appunto”Ebrei”...alcuni sono cresciuti così e si sono convinti.

Comunque smettiamo di parlare di me, parliamo di lei. Per me lei è una persona molto forte: innanzitutto è riuscito a pubblicare il diario di sua figlia, pieno di tante cose terribili, ma di altrettante frasi di speranza. Inutile dire che io l’ho letto e riletto molte volte.

In una delle tante edizioni pubblicate c’è anche una sua intervista. La frase che ricordo nitidamente è: ”Perché loro e non io?”. Beh, signor Frank, è la stessa domanda che mi pongo da dieci anni a questa parte. Perché non sono nata in una famiglia ebrea? Fortuna? Perchè lei è sopravvissuto ai campi a differenza della sua famiglia? Fortuna? Sfortuna? Credo che le risposte per noi siano ancora lontane.

Provo un misto tra stima e pena nei suoi confronti. Ciò che prevale è la stima, perché lei ha avuto il coraggio di parlare e raccontare a differenza di altri. Ha avuto la forza di andare avanti senza dimenticare il passato. Si è risposato, ma al tempo stesso non smette di raccontare la sua storia. Storia che mi ha profondamente toccata.

In conclusione lei è una dimostrazione vivente della profonda umanità che l'uomo può avere e di quanto dolore può provocare chi al contrario non la possiede.

Lei ha la forza di chi ha visto le cose più terribili e tenta di non farle ripetere.

Lei possiede tutti i valori che la nuova generazione dovrebbe mantenere sempre, preservando una delle nostre più potenti armi: la MEMORIA!

Sua,

E.

Ivrea, 27/01/1948

Egregio ex sig. capo blocco,

come sta? Io sono Federico Colombo, studente di tredici anni, e di recente sono venuto a conoscenza della sua storia. Le ho scritto questa lettera per cercare di capire le motivazioni di certe sue disonorevoli azioni e farla ragionare.

Lei ha lavorato nel campo di concentramento di Auschwitz con l'incarico di capoblocco … vero? Come è stato vedere quelle povere persone morire per mancanza di cibo, ridotte pelle e ossa, anzi a scheletri? Com’è stato vederle schiave e maltrattate? Come è stato vederle dimagrire fino al punto di morte senza aiutarle? Com’è stato separare famiglie o condurre alle cosiddette “docce” bambini dell’asilo totalmente indifesi?

Per lei era divertente? Doloroso o osceno? Oh sì, certo, lei ha SOLO eseguito ordini….

Chi le ha dato questi ordini? Un generale? O forse Hitler in persona? Che potere aveva Hitler o chiunque altro per obbligarla ad eseguire, eseguire come un’ameba? Senza pensare!

Avrebbe potuto decidere col suo cervello e col suo cuore; avrebbe potuto non immergersi nella grigia gelatina di Hitler. Lo so …. non era facile, ma neanche impossibile! Meglio morire per fare del bene che vivere nel grigio.

Io non potrò mai accusarla di essere stato un mostro … non è stata sua l’idea ma, detto sinceramente, le darei due ceffoni!

La sua storia mi ha fatto riflettere. Ho provato un forte dolore e un’immensa tristezza vedendo cos’ha fatto. Le confesso che ho avvertito anche una lieve compassione nei suoi confronti.

Cosa posso dirle? Ha fatto grandi sbagli ma è inutile, ora, piangersi addosso, anche se spero che lei abbia pianto e sofferto un po’, solo un po’, per capire meglio ciò che ha fatto. Se vuole rendersi utile, faccia come hanno insegnato a scuola a me e ai miei compagni: renda sensibili più persone che può sull’argomento, cosicché nessuno osi più pensare a tali FOLLI idee, e sottolineo FOLLI.

Spero di averla convinta e fatta ragionare.

Distinti saluti,

F.

P.S.: aspetto una sua risposta.

Ivrea, 27 gennaio 2018

Cara Anna,

ti sono vicina in questo brutto momento, posso solo immaginare quello che stai passando e cerco di starti vicino con il mio affetto. A me è dispiaciuto tanto per la tua famiglia e per te che siete stati maltrattati dai nazisti. Mi è dispiaciuto tanto quando hanno separato gli uomini dalle donne e vi hanno dato poco cibo da mangiare.

Anna, cerca di farti coraggio e pensa alla tua famiglia e a tua madre che ti vuole bene e rinuncia al cibo per te, affinché tu possa nutrirti. Io spero che questo brutto momento possa passare e che tu possa tornare da tua sorella più piccola, Margot, da tuo padre e dalla tua migliore amica Hammeli’.

Ti sono vicina,

E.

10 ottobre 1948, Gerusalemme

Cara Anna,

ho pensato molte volte di scriverti anche se non sei più qui, ma non ci sono mai riuscita: ogni volta che ci provavo piangevo.

Ora però mi sono fatta coraggio e ce la farò a scrivere questa lettera fino alla fine anche se non te la potrò mai spedire.

Ti ricordi, prima della guerra, quando andavamo alle giostre? Era proprio bello una volta!

Tu mi manchi da morire. Ogni giorno mi torni in mente insieme ai bei momenti passati, ma anche a quelli brutti trascorsi nei campi di concentramento.

Io dopo la guerra sono tornata due anni ad Amsterdam, ma poi mi sono trasferita qua a Gerusalemme con la mia sorellina Gabi. Pensa che lei ha scoperto cos'è il cioccolato solo venendo qua in aereo!

Quando ci penso sorrido, ma non dovrei perché è segno che i Tedeschi ci avevano isolato dal resto del mondo, anche nelle piccole cose.

Devo ammettere che anche se so che non tutti i Tedeschi erano come quel mostro di Hitler, a volte provo un profondo odio verso di loro. Lo so, non è una cosa bella quello che ho appena detto, ma proprio non ce la faccio a capire come qualcuno possa avere anche solo pensato una cosa come quella che è successa. Comunque preferisco pensare a prima della guerra, quando eravamo ancora tutti liberi e non dovevamo essere impauriti e nasconderci nelle case come topi in gabbia.

Ti faccio una promessa: prima o poi scriverò un libro su di te, raccontando quanto eri coraggiosa e vivace.

Ora devo andare, ma scriverò ancora e ancora perché mi sono accorta che facendolo mi sento vicina a te come se fossi ancora qui.

Tanti abbraccioni dalla tua amica Hannali.

P.S.: Non ti dimenticherò mai e manterrò la promessa di scrivere un libro su di te e anche quella che ci eravamo fatte una volta ovvero che avrò tanti nipoti.

Cara Anna,

sono Miep, l’impiegata di tuo padre che vi portava cibo e oggetti nell’alloggio segreto.

Mi manchi tanto! Non so chi possa essere stato a tradirci, ma sono quasi sicura che sia stato uno dell’ azienda.

Mi mancate tutti tanto e non oso immaginare cosa vi stiano facendo laggiù.

Ho anche provato a corrompere un capo tedesco con dei soldi affinché vi facesse tornare indietro, ma non c’è stato verso: non voleva lasciarvi andare.

Ma parliamo di cose meno tristi: quando vi hanno portato via sono riuscita a recuperare il tuo diario, ma non lo leggerò, per rispetto a te. Lo terrò per ricordarmi di quando c’eri tu, un’ allegra bambina felice che non pensava ad altro che a diventare una scrittrice professionista e sono sicura che ce la farai.

Sono certa anche del fatto che se alla tua amica, a tua madre, a me, a tuo padre e a Peter, anche se starai vivendo momenti orribili, i nostri ricordi ti strapperanno un sorriso.

Non so se ti arriverà mai questa lettera, ma se la riceverai sappi che mi manchi tanto.

A presto,

Miep

P.S. Nella busta ci sono una matita e un foglio bianco nascosti nelle pieghe della lettera per permetterti di scrivere.


Ultimi Articoli

Cerca per Tags

bottom of page