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Per questo mi chiamo Giovanni

Il libro che abbiamo letto s’intitola Per questo mi chiamo Giovanni, scritto da Luigi Garlando che ha vinto molti premi per questo romanzo. In esso si narra di Giovanni Falcone e della sua vita attraverso il racconto di un padre al figlio Giovanni. È un romanzo sociale ambientato a Palermo. Tutto ha inizio quando il ragazzino compie 10 anni ed il padre desidera fargli dono di una giornata speciale: lo porta a Mondello (nota località balneare di Palermo), spiegandogli il motivo per cui si chiama Giovanni. Il suo nome deriva infatti da un grande uomo che ha lottato contro la mafia, privandosi della libertà e alla fine morendo per mano dei mafiosi. Tutta la storia si snoda in un parallelismo fra la vicenda scolastica dove Giovanni (il bambino) è una delle vittime del bullo Tonio, e la criminalità organizzata combattuta dal magistrato Falcone. Il bambino è molto affezionato ad un orsacchiotto,“Bum”, che ha le zampe bruciate. Sulla spiaggia, mentre giocano e chiacchierano, il padre gli racconta che anche lui aveva alimentato il “mostro” quando pagava il pizzo, per evitare che gli facessero esplodere uno dei quattro negozi di giocattoli a Palermo. Fino a quando decide di denunciare i mafiosi alla polizia, ma ciò provoca la reazione violenta della mafia che, attraverso i “soldati”, fa saltare in aria il negozio più grande e da cui si salva solo “Bum”. Ad assistere alla scena c’è la mamma di Giovanni, che è incinta e dallo spavento le vengono le doglie e partorisce. È il 23 maggio 1992, data in cui Giovanni Falcone muore, mentre torna a Palermo per una bomba di 500 chili di tritolo collocata in un tunnel sotto l’autostrada, all'altezza di Capaci. Alla fine della narrazione il bambino capisce quanto sia pericolosa l’omertà che rende complici dell’organizzazione criminale. Quindi i numerosi fatti raccontati dal padre lo incitano a diventare amico di Simone (che Tonio aveva fatto cadere dalle scale) e denunciare alla maestra Tonio. In questo romanzo il linguaggio è vivace: viene utilizzato molto spesso un registro comune con termini dialettali, un po’ come se fosse un diario in cui si usa un linguaggio confidenziale. Alcuni di essi ci hanno incuriositi e sono biddicchiu mio ( “bello mio”) oppure attentatuni (“il grande attentato”). È anche un linguaggio figurato, infatti ci sono le metafore del carciofo diviso in cosche (le foglie) e che indicano le famiglie mafiose; poi si parla anche della piovra, cioè la mafia che allarga i tentacoli su affari economici e politici. Le sequenze del libro sono narrative e descrittive ma soprattutto dialogiche. Il ritmo è inizialmente lento, poi diventa man mano incalzante per le confessioni del padre al ragazzo. Secondo noi il romanzo è stato coinvolgente e interessante perché racconta gli avvenimenti che sono accaduti a Palermo ai tempi di Giovanni Falcone e la storia di un eroe che, a costo della sua stessa vita, ci ha donato la speranza. È istruttivo perché insegna che essere prepotenti porta a conseguenze negative e arreca gravi danni alla società. In merito ai passi del racconto, i nostri preferiti sono quando si descrive il panorama di Palermo dalla collina del “maiale” e quella dell’albero Falcone che è un grande ficus benjamin, posto sotto la casa del magistrato e pieno di bigliettini e disegni lasciati da passanti e anche dagli allievi di tante scuole che vengono qui in gita scolastica; un altro è quello di quando Giovanni (il ragazzino) va da Maria Falcone (sorella di Giovanni) che gli racconta più notizie sul fratello e gli regala anche un album di foto. Il passo che, invece, ci è piaciuto di meno è quello del bambino che ha vissuto con il mafioso per un anno e poi è stato sciolto, da lui, nell'acido. Di protagonisti che ammiriamo e che hanno combattuto contro la “Piovra” ne abbiamo conosciuti tanti: da Paolo Borsellino a Rocco Chinnici, da Ninni a Beppe. Invece il personaggio che ci è piaciuto di meno è Tonio, il ragazzo prepotente (un bullo) che spinge Simone giù dalle scale. Fra le frasi che ci resteranno nel cuore c’è quella scritta sull'albero Falcone, su un foglio giallo: “Si può spezzare un fiore ma non si può fermare la primavera” e Giovanni ha donato a Palermo e al mondo la primavera, la speranza. Avremmo preferito un finale diverso: che Giovanni continuasse a vivere e che la gente aprisse gli occhi senza il sacrificio suo e di centinaia di altri eroi uccisi dalla mafia. Il titolo del romanzo ci sembra più che adatto perché spiega appunto il significato del nome del bambino. Condividiamo il messaggio dell’autore perché la mafia va combattuta e non bisogna “alimentarla” stando al suo gioco.


II B

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